Archivio 2007 Rassegna stampa

Nazionale -

12 maggio 2007 - Il Gazzettino

INTEGRAZIONE

Partito immigrati? «Non serve, meglio partecipare a quelli esistenti»

Vicenza - (m.c)«Ogni strumento che possa favorire la partecipazione è utile, ma viene da chiedersi se un partito degli immigrati possa davvero essere rappresentativo di una realtà così eterogenea e, soprattutto, se possa contribuire a favorire l'integrazione». Con queste parole il presidente dell'Azione cattolica diocesana Lauro Paoletto commenta la proposta del sindacalista RdbCub e membro del Coordinamento stranieri di Vicenza, Morteza Nirou. Il rappresentante degli oltre 72mila stranieri residenti nel vicentino (circa il 12 per cento della popolazione) ha evidenziato che «la città ha bisogno di una lista civica di stranieri, che possa perorare la causa della categoria che al Nord, rispetto al Sud dell'Italia, è per la quasi totalità rappresentata da lavoratori regolari che contribuiscono all'arricchimento del territorio locale». Il presidente dell'Azione cattolica diocesana è chiaro: «che utilità può avere un partito degli immigrati? Certamente non può contribuire a rendere più rappresentativi gli immigrati regolari ed ancor meno potrà essere utile a favorirne l'integrazione. Dal punto di vista della rappresentatività, poi, viene da domandarsi come sia possibile pensare che una miriade di etnie diverse possa condividere un unico progetto politico». Per Morteza Nirou «è arrivato il momento di parlare e di fare integrazione. Le priorità di un partito degli immigrati sono innumerevoli: dal problema della casa a quello delle donne sole con bambini, dalla scuola al lavoro». Secondo Lauro Paoletto si tratta di argomenti dei quali più partiti si sono occupati: «la politica ha ampiamente dimostrato considerazione per l'universo dell'immigrazione, nei cui riguardi non ha mancato di creare specifici interventi. Sarebbe auspicabile, quindi, che gli immigrati partecipassero alle organizzazioni esistenti, così da massimizzare il profitto delle proprie azioni, attraverso una rete politica sicuramente più forte e rappresentativa".

10 maggio 2007 - Corriere del Veneto

ELEZIONI E INTEGRAZIONE
Il partito degli immigrati non piace agli stranieri

VICENZA — « Un partito di immigrati? Fermate tutto, questa è un'idea pessima » . A sorpresa, la notizia di una possibile formazione politica formata da stranieri che potrebbe già correre alle Comunali del 2008, come ha ventilato qualche giorno fa il sindacalista Rdb- Cub Nirou Morteza, non piace proprio a loro, le rappresentanze degli immigrati berici.
« Non condivido assolutamente questo progetto, che ritengo addirittura pessimo — sbotta Ousmane Condé della segreteria cittadina dei Ds — anzi, dirò di più: qualcuno ha cercato di contattare anche me per coinvolgermi e ho detto chiaramente che non voglio più essere chiamato. Un partito di immigrati? Ma ci rendiamo conto dei rischi che ci potrebbero essere?».
Rischi che Condè non esita ad elencare nei dettagli: « Innanzitutto aumenterebbero gli scontri con gli altri partiti e gli stranieri si isolerebbero ancora di più — spiega — e poi, scusate, da chi verrebbero finanziati questi partiti di immigrati? Ve lo dico io: dall'estero, dai loro paesi d'origine, rischiando anche possibili collegamenti con il terrorismo. Lo so che dico parole forti, ma la realtà è questa » .
Non solo: « Purtroppo oggi ci sono fin troppi millantatori stranieri che si improvvisano paladini degli immigrati — sottolinea il componente della dirigenza cittadina dei Ds — e dunque, il mio invito è questo: gli stranieri seri non si facciano strumentalizzare e cerchino piuttosto di entrare nei partiti italiani già esistenti, che sia Alleanza nazionale, Forza Italia Democratici di sinistra o altri ancora non importa.
Ma a questi ultimi dico anche: controllate bene il passato di questi candidati stranieri per non avere sorprese».
Scettico anche il presidente del con siglio islamico di Vicenza, Kamel Layachi. « Da una parte ben vengano le sperimentazioni e soprattutto la voglia di partecipazione sociale che, io stesso, sollecito in tutti i campi — spiega Layachi — e in tal senso, io mi metto a disposizione fin dall'inizio per chi mi vorrà contattare e illustrare un possibile progetto di candidature da studiare per le prossime sfide elettorali che si terranno a Vicenza».
Ma c'è anche qualche riserva: « Tutto sommato il mio scetticismo rimane alto — prosegue Layachi — perché temo che creando dei veri e propri partiti di immigrati si ghettizzi ancor più la loro posizione, alimentando il rischio di barriere e di scontri » . L'invito, dunque, è sempre lo stesso: « Sollecito, più che altro, tutti gli stranieri che abbiano i requisiti per farlo — conclude Layachi — a candidarsi numerosi fra le fila dei partiti storici che già esistono. Solo così si unirà una battaglia da condurre in prima persona sui grandi temi che riguardano gli immigrati ad una integrazione politica vera».(S.M.D.)

9 maggio 2007 - Il Gazzettino

MONSELICE Chbani Abdelkabir, in Italia dal ’91, non riusciva più a pagare l’affitto per sè, la moglie e i figli di 3 e 7 anni. Proroga di tre mesi
Evitato lo sfratto di una famiglia con due bimbi
L’Associazione difesa lavoratori: «Eravamo pronti all’occupazione, ma l’ufficiale giudiziario ha dimostrato buon senso»
di Orfeo Meneghetti

Monselice - Lo sfratto esecutivo è stato bloccato. L'operazione è riuscita ieri mattina, in via Gambarare 1/c, ai giovani che aderiscono all'Associazione difesa lavoratori (Adl) di Monselice.
La famiglia da sfrattare era quella di Chbani Abdelkabir, 50 anni, immigrato marocchino regolare, dal '91 in Italia, dove lavora come commerciante ambulante. L'uomo vive con la moglie di 45 anni e due figli di sette e tre anni anni. Lo sfratto esecutivo è stato disposto dopo che il capofamiglia ha avuto dei problemi e non riesce, da qualche tempo, a mettere insieme il denaro, 450 euro, per pagare l'affitto del mini appartamento che occupa con la famiglia da qualche anno.
«Si sono rivolti allo sportello casa della nostra associazione - afferma Mirco Agostini - e quindi ci siamo mobilitati per cercare una soluzione. Il problema più grosso è stato quello di tentare una mediazione con la proprietà . Non abbiamo trovato una soluzione. Pertanto abbiamo tentato l'ultima carta: convincere l'ufficiale giudiziario a concedere una proroga allo sfratto. L'abbiamo ottenuta per tre mesi».
«La vicenda inizia lo scorso mese di settembre - afferma ancora Agostini - quando il capofamiglia comincia a girare per i vari uffici del Comune, chiedendo la possibilità di avere una casa per sè e per la sua famiglia. In tal modo avrebbe liberato l'appartamento di via Gambarare. La grave situazione che presenta il Comune di Monselice in materia di edilizia residenziale pubblica ha impedito che si giungesse ad una soluzione del problema. Ce ne siamo fatti carico noi come Asl, perché si tratta di un caso umano. Molti vicini di casa hanno portato la loro solidarietà, a testimonianza dell'ottima intregrazione dei componenti familiari».
I giovani dell'Adl sono soddisfatti. Il buon senso usato dall'ufficiale giudiziario ha impedito che la situazione potesse avere dei risvolti negativi. Infatti i rappresentanti dell'associazione dei lavoratori erano pronti a una clamorosa forma di protesta: quella di occupare l'appartamento. Tutto si è risolto nel migliore dei modi. La fine di un incubo per la famiglia si è concretizzato con l'esposizione di un grande lenzuolo, dove campeggiava uno slogan per il diritto alla casa per tutti che dice: "Non lasciateci in strada con i notri figli".
«Noi siamo particolarmente impegnati su questo fronte - afferma Agostini - Dopo il progetto per il recupero degli immobili comunali di via San Giacomo adesso vogliamo risolvere anche questo problema. Credo che a breve troveremo al soluzione».

8 maggio 2007 - Il Gazzettino

Vicenza. «Un partito degli immigrati? Perché no?...
di Roberto Cervellin

Vicenza - «Un partito degli immigrati? Perché no? Se la proposta del governo diventerà legge, ci organizzeremo. Potremmo formare qualche lista per le elezioni del 2008». Morteza Nirou, sindacalista di origini iraniane delle Rappresentanze sindacali di base (Rdb-Cub) e membro del coordinamento degli stranieri di Vicenza, è fiducioso. Nel giro di poco tempo, annuncia, in provincia di Vicenza dovrebbe nascere più di una lista civica di cittadini stranieri in gara per il rinnovo di qualche Consiglio comunale. Utopia? No, visto che nel disegno di legge Amato-Ferrero è previsto, tra l'altro, il diritto di voto alle elezioni amministrative per gli immigrati regolari, residenti in Italia da almeno 5 anni. E gli immigrati regolari, nel Vicentino, sono oltre 72 mila, cioè circa il 12 per cento del totale della popolazione residente. In Italia è una delle comunità più numerose. Molti di questi, sottolinea Nirou, saranno potenziali elettori in grado di eleggere propri candidati. A sinistra o a destra? «In entrambe le coalizioni. Ci sono stranieri che vivono in Italia dalla nascita e conoscono la politica. Inoltre dobbiamo ricordarci che si tratta di un voto amministrativo, non politico. Più che le ideologie contano i programmi. La nostra sarebbe una lista che si batte contro ogni forma di razzismo».
Per Nirou, insomma, il nuovo disegno di legge sull'immigrazione offre agli stranieri l'occasione per fare sentire la loro voce negli enti locali. «A Vicenza ci sarebbe bisogno di una lista civica formata da stranieri. A differenza del sud, da noi sono quasi tutti regolari, hanno lavoro certo, una casa, pagano tasse e contributi. Sono inseriti nel tessuto sociale ed economico. Se si candidassero raccoglierebbero non pochi consensi. Non è da escludere che in futuro nasca un partito straniero». A partire dal 2008, anno in cui si voterà per il rinnovo dell'amministrazione comunale di Vicenza? «Non lo escludo. Di sicuro, se il disegno di legge sarà trasformato in legge, ci attiveremo». Sui candidati Nirou è chiaro: più che le etnie conta l'impegno della persona. «Non avrebbe senso formare una lista di varie etnie senza pensare alla buona volontà del candidato. Secondo me, religione e colore della pelle, in questo caso, non hanno importanza».
Insomma, per il sindacalista delle Rdb-Cub quello del partito degli immigrati è un obiettivo concreto, ma niente strumentalizzazioni. «Non ha senso dire che ci potremmo appoggiare a uno schieramento o a un altro. È opportuno invece parlare di fatti concreti, cioè di integrazione. Le priorità di un partito degli immigrati sarebbero innumerevoli. Si va dal problema della casa a quello delle donne sole con bambini, dalla scuola al lavoro. Oggi questi temi sono trattati solo parzialmente. Per noi è importante l'integrazione sociale. Dobbiamo dare un futuro migliore ai bambini che nascono in Italia da genitori stranieri».
A votare, in base alla proposta Amato-Ferrero, sarebbero gli immigrati residenti Italia ma con cittadinanza straniera. Quelli che hanno acquisito cittadinanza italiana, infatti, sono considerati italiani a tutti gli effetti. Si tratta, in questo caso, di immigrati che si sono sposati con un'italiana (o viceversa), che risiedono in Italia da 10 anni (se extracomuntari) o 4 anni (se provenienti dall'Unione europea) o cittadini nati in Italia da cittadini stranieri e che, al compimento del diciottesimo anno, optano per la cittadinanza italiana. A Vicenza nel 2005 i nuovi elettori di origine straniera sono stati 75, mentre nel 2006 sono stati 68. I residenti sono 114.613, di cui 13.351 immigrati (sono l'11 per cento dei residenti). I principali Paesi di provenienza sono Serbia e Montenegro (2.856 unità), Marocco (808), Albania (802), Bosnia Erzegovina (789) e Bangladesh (756).
Di recente, Nirou ed altri esponenti del coordinamento berico degli stranieri hanno inviato una lettera al ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero per segnalare i disagi degli immigrati che vivono nel Vicentino. «La situazione si è fatta molto dura - denunciano - Ci sono amministrazioni locali pregiudizialmente e ideologicamente ostili alla presenza degli stranieri. Queste emettono ordinanze e regolamenti che rendono sempre più difficile la vita di chi cerca di lavorare onestamente».

6 maggio 2007 - Il Corriere del Veneto

EFFETTO ROMANIA
Code di 58 minuti per i certificati all'anagrafe
di Davide D'Attino

PADOVA — Rinnovo carta d'identità, 58 minuti. Cambio di residenza per stranieri, 65 minuti. Certificati vari, dai 35 minuti in su. Sono i tempi d'attesa, a seconda delle pratiche da eseguire, registrati ieri mattina all'Ufficio Anagrafe del Comune in piazza Capitaniato.
« O gni giorno è così, — sbotta uno degli undici impiegati allo sportello — non è più tollerabile. La gente fa anche due ore di coda e poi arriva da noi e si sfoga, dandoci colpe che non sono le nostre. Certe volte, quando proprio non ce la faccio più, mi verrebbe da chiudere tutti gli sportelli, radunare le persone esasperate dalla fila e portarle direttamente a palazzo Moroni.
Così magari il sindaco si rende conto, di persona, della gravità della cosa. Promesso, — conclude — prima o poi lo faccio » .
La situazione, secondo parecchi testimoni tra cui Stefano Pieretti dell'Adl Cobas, sarebbe di gran lunga peggiorata dall'inizio del 2007: da quei giorni, infatti, con l'ingresso della Romania nell'Unione Europea, gli oltre cinquemila romeni che abitano a Padova hanno la possibilità di richiedere il certificato di residenza nella città del Santo, proprio in quanto cittadini comunitari. Come più volte ribadito dall'assessore all'Immigrazione, Daniela Ruffini ( Rc), dopo i primi mesi di difficoltà e di affollamento, la cosa avrebbe dovuto normalizzarsi via via con lo smaltirsi delle pratiche. Tutt'altro è avvenuto, invece, secondo l'accusa ( anonima) di un altro impiegato dell'Ufficio Anagrafe. Anche perché forse l'afflusso dalla Romania non è calato come ci si aspettava: « Si viaggia al ritmo di cinquanta persone all'ora, — spiega — e noi, a pieno regime soltanto in undici, non possiamo fare i miracoli.
Parecchie volte, dobbiamo addirittura mandare a casa delle persone che hanno preso il biglietto magari già da un'ora perché dobbiamo chiudere. Non si può andare avanti così » .
L'Ufficio Anagrafe del Comune in piazza Capitaniato è aperto dal lunedì al sabato dalle 8.15 alle 12.30. Forse, però, non tutti sanno che la maggior parte dei certificati possono essere richiesti anche nelle sedi dei consigli di quartiere. Risparmiando, magari, code e disagi per raggiungere comodamente il centro. Per qualsiasi informazione è possibile chiamare lo 049.8205727 o visitare il sito www. padovanet. it.

1 maggio 2007 - Il Mattino di Padova

Originale iniziativa di solidarietà con i «migranti»
Festa davanti alle case occupate

MONSELICE - Lo «sportello casa» dell’Associazione Difesa Lavoratori organizza la festa dei beni comuni. Si terrà oggi, in via San Giacomo, davanti alle case occupate ai civici 41 e 43. Alle ore 13 prenderà il via la grigliata sociale e il pic-nic. A seguire ci sarà l’animazione, oltre che la presentazione del progetto «Mi casa, tu casa, spazi e risorse comuni in autogestione». Vi invitiamo a venire a vedere in prima persona lo spazio fisico da cui nasce questo progetto - dicono all’Adl - sarà una giornata "di festa" perché sarà un punto di partenza, una nuova tappa nella riconquista di spazi e diritti, di incontro con i cittadini migranti».(e.fer.)

 

25 aprile 2007 - Il Gazzettino

SIT-IN IN VIA CRICOLI
Il coordinamento immigrati oggi manifesta davanti al campo nomadi
di Roberto Cervellin

Vicenza - «Il 25 aprile promuoviamo un sit-in davanti al campo nomadi di viale Cricoli e in ottobre organizzeremo uno sciopero». Sono alcune delle decisioni prese dal Coordinamento immigrati italiani aderenti alle Rappresentanze sindacali di base Rdb-Cub che si è riunito qualche giorno fa a Vicenza presso la sede sindacale di via Del Grande. «Abbiamo analizzato diversi problemi legati all'integrazione degli stranieri, specie nel Vicentino», commenta Morteza Nirou, iraniano, sindacalista dello sportello Area immigrati delle Rdb-Cub. Quella di Vicenza, del resto, con i suoi oltre 72mila regolari (di cui 14mila residenti nel capoluogo) è una delle province più multietniche d'Italia. Provengono in particolare da ex Jugoslavia, Marocco, Albania, India, Sri Lanka e Bangladesh. Un altro dato significativo è quello del rilascio di nuovi permessi da parte della questura, che dal 2000 al 2005 è aumentato del 44 %.
Tra le iniziative in calendario, come detto, quella a favore dei nomadi. Per rispondere infatti alla manifestazione di Azione sociale e Forza Nuova, che sabato 14 aprile hanno chiesto la rimozione del campo nomadi di viale Cricoli per motivi di sicurezza (furti) e di degrado ambientale, alcuni immigrati, il 25 aprile, saranno presenti proprio in viale Cricoli in segno di solidarietà. «Vogliamo difendere i nomadi perché sono cittadini italiani al cento per cento», commenta Nirou. Nel corso dela riunione, il Coordinamento immigrati ha anche lanciato l'idea di uno sciopero generale da programmare probabilmente in ottobre contro i disagi vissuti dagli stranieri nel mondo del lavoro e nella vita sociale. «Si parlava di cancellare la legge 'Bossi-Fini sull'immigrazione e invece alla fine si farà solo una riforma», osserva Nirou. «E la sanatoria? A quanto pare non ci sarà».
A proposito di ingressi, il Consiglio dei Ministri ha previsto per il 2007 l'ammissione in Italia di 80mila lavoratori stagionali non comunitari e di altri 2 mila che hanno partecipato a programmi di informazione e istruzione nei paesi d'origine.
Gli stranieri hanno infine denunciato varie emergenze, come l'attesa di quasi un anno per ottenere un appuntamento in questura per il rinnovo dei permessi di soggiorno, i nuovi criteri di assegnazione dei punteggi per le domande di edilizia residenziale pubblica, la chiusura festiva dei call-center, un parcheggio per il Centro islamico e la mancanza di una sede per le associazioni.

 

22 aprile 2007 - L'Arena

La manifestazione indetta dal Coordinamento migranti per protestare contro la legge Amato e le procedure macchinose introdotte dal Governo
E gli immigrati scendono in piazza
Un migliaio di stranieri ha sfilato per rivendicare lavoro, permessi e casa

Verona - L’obiettivo era ambizioso: portare in piazza i migranti del Nordest. Ambizioso perchè sono ancora molti gli stranieri che pur lavorando regolarmente e conducendo una vita senza ombra temono che scendere in piazza porti guai. E dalle manifestazioni stanno alla larga. Ambizioso l’obiettivo lo era e alla fine dietro al pulmino sul quale Moustapha Wagne, segretario generale del Coordinamento migranti parlava al megafono, un migliaio di lavoratori stranieri ha percorso stradone san Fermo e poi imboccato via XX settembre per «occupare» il quartiere in cui i controlli sono fiscali, in cui il rischio della chiusura dei call center è palpabile. E questo crea problemi a chi può solo confidare nel telefono per sentire i propri cari.
Hanno camminato sotto gli sguardi di connazionali e veronesi chiedendo e rivendicando diritti. Primo tra tutti quello di impedire che la liquidazione dei lavoratori stranieri finisca nei fondi pensione. Insomma un no deciso alla «legge Amato» e una critica ferma al Governo Prodi che «non ha mantenuto la promessa di migliorare la legge sull’immigrazione entro 100 giorni dalle elezioni», ha spiegato «l’anima» del Coordinamento, l’avvocato Roberto Malesani.
«Non solo questo, chiediamo che i permessi "fermi" vengano sbloccati al più presto e che l’amministrazione di Verona si confronti con noi sul problema dei venditori ambulanti in centro storico. Perchè cessino gli inseguimenti in via Mazzini». E tra due settimane, considerata l’affluenza alla manifestazione di ieri, sarà indetta un’assemblea per pianificare i futuri interventi. Ma quello di ieri è stato comunque un risultato.
Lui, Roberto Malesani, megafono in mano e in testa al corteo ha guidato quel fiume di cittadini del Senegal, della Nigeria, del Ghana ma anche del Marocco e della Tunisia che alle 15.30 ha iniziato ad ammassarsi in largo Pasubio. Pian piano, in gruppi compatti, famiglie intere e moltissimi giovani hanno iniziato a sistemarsi all’inizio di stradone Maffei: sarebbero partiti da lì. E il corteo ha iniziato a muoversi alle 16.30: secondo le stime dalla Questura erano in 500 ma metro dopo metro sono arrivati gli altri e all’imbocco di ponte Navi il numero dei partecipanti alla manifestazione era praticamente raddoppiato. E tra chi sorreggeva gli striscioni e chi le bandiere di Rdb/Cub (il sindacato sotto il quale opera il coordinamento) la richiesta di attenzione e la necessità di una visibilità è diventata «prepotente». «Noi facciamo i lavori che i vostri giovani non fanno», il commento di un giovane senegalese, «questo non è un problema purchè ci sia anche rispetto. Chiediamo solo di essere considerati quel che siamo: lavoratori. Le pare troppo?». Si sono «ripresi» Veronetta, sotto gli sguardi stupiti di chi, alla finestra, per la prima volta assisteva ad una manifestazione sindacale. Di immigrati.(f.m.)

22 aprile 2007 - Corriere del Veneto

«Ci prendiamo le strade di Verona» è stato lo slogan che ha aperto la manifestazione di ieri pomeriggio che si è conclusa a Veronetta
Immigrati, il corteo dei mille I vu cumprà: dateci il permesso e noi cambiamo lavoro
Manifestazione dei migranti da piazza Bra a Veronetta « Non siamo invisibili » . Nuova mobilitazione entro due settimane
di Angiola Petronio

VERONA — « Oggi prendiamoci le strade di Verona e dimostriamo a questa città che non siamo invisibili. Che siamo fatti di carne e ossa, come tutti » .
Lo hanno fatto ieri, i migranti. E si sono presi davvero le strade di Verona. Quelle che dalla « retroguardia » di piazza Bra - concessa in un primo tempo e poi negata ufficialmente per la concomitanza con il Mondadori Junior Festival ma con l'aleggiare delle elezioni - passando per San Fermo, ponte Navi, via XX settembre, li hanno portati fino nel cuore di Veronetta, a piazza Santa Toscana.
Strade « prese » nel vero senso della parola, da quasi un migliaio di immigrati che ieri, sotto l'egida del coordinamento migranti di Verona e di quello di San Bonifacio, confederati alle Rappresentanze di Base, hanno manifestato per dire « basta » .
Un « basta » che è stato scandito più volte e su vari argomenti.
Un « basta » che ha fatto scendere per strada non solo i migranti ma anche, al loro fianco, gli Invisible Workers of the World, la rete europea contro il precariato, il centro sociale La Chimica, la sinistra veronese di Rifondazione Comunista, il circolo Pink e i rappresentanti della lista « Verona, cambiare si può » .
Una presenza numericamente notevole, « arricchita » dai migranti arrivati da Brescia e dall'Est Veronese. Alla quale dovevano partecipare anche gli immigrati vicentini, rimasti a casa per la morte dei quattro bambini pachistani in un incidente.
Uniti, sotto varie bandiere e striscioni, i migranti a Verona per portare avanti le loro istanze. In primis una sanatatoria per chi è in attesa di permesso, ma anche per chi è irregolare. E a muovere le fila del corteo la comunità senegalese, quella dei « vu cumprà » , che proprio sulla questione dei permessi mancati vede spesso nascere il fenomeno della vendita abusiva. « Ognuno di noi deve mantenere almeno 5 persone in Senegal.
Se non abbiamo il permesso non possiamo trovare un lavoro regolare. Piuttosto che spacciare o rubare preferiamo vendere la merce contraffatta. Noi non ce l'abbiamo con la polizia o le forze dell'ordine.
Loro fanno il loro mestiere. Ma anche noi vorremo lavorare. Perchè questo, di lavoro, non piace a nessuno. E la sanatoria diventa fondamentale » .
Permessi, le case che non si trovano, ma anche le procedure burocratiche troppo costose e farraginose. Solo parti dei diritti che i migranti si sentono negati. « Il governo Prodi - ha detto Moustapha Wagne, segretario generale del coordinamento Migranti - non ha mantenuto la promessa di migliorare la legge sull'immigrazione. Anzi, ha peggiorato le cose » . Critica diretta alla nuova procedura alle poste, che ha visto anche lievitare i costi per i permessi.
I migranti chiedono anche la cancellazione di tutti i reati moniri che impediscono il rinnovo del permesso, una nuova legge sugli affitti e il diritto di vosto politico e amministrativo.
Il corteo in un'ora ha percorso il suo tragitto tra le strade chiuse. Poi è sfociato nel ventre di quella che dovrebbe essere l'integrazione multietnica, Veronetta. Lì è partito l'invito agli immigrati nelle case e nei negozi a unirsi alla manifestazione. In quel quartiere, è stato ricordato, dove ci sono stati gli ultimi sgomberi, le ultime operazioni delle forze dell'ordine. E il « j'accuse » è andato anche all'amministrazione Zanotto e a una mancata politica sull'immigrazione.
« Tutti dovranno capire, da oggi, che a Verona non esistono cittadini di serie B.
Che gli immigrati non sono cittadini di serie B » .
E per farlo capire dalla manifestazione è nata la proposta di una nuova assemblea, tra due settimane, che vedrà la presenza di tutte le componenti etniche, per concretizzare quello che ieri alla manifestazione è stato scandito sotto forma di slogan. Con una priorità: quella di far sbloccare i permessi fermi e persi nei meandri della burocrazia.
« Verona è di chi la abita. E a Verona abitiamo e lavoriamo anche noi. Gli invisibili, i precari, i migranti autorganizzati. Oggi ci siamo presi le strade e abbiamo ripreso pubblicamente l'iniziativa. E continueremo a farlo. Per il reddito, i diritti, la dignità che ci vengon osttratti e che ci prendiamo dal basso. E da soli ».

21 aprile 2007 - Il Manifesto

Vicenza. Immigrati in corteo «per non essere invisibili»
di Orsola Casagrande

Vicenza - I migranti scendono nuovamente in piazza oggi a Verona. La manifestazione è promossa dal coordinamento migranti Verona e provincia e gli Invisible Workers of the World. Le parole d'ordine le riassume Mustapha Wagne, responsabile del coordinamento che è federato alle Rdb/Cub. «Vogliamo dire no al trasferimento alle poste delle pratiche per il rinnovo del permesso di soggiorno, no alla legge truffa sul Tfr, ma vogliamo anche rivendicare il nostro diritto alla casa e ad un lavoro sicuro». Insomma, quelli che saranno in piazza oggi sono gli uomini e le donne che si vorrebbero invisibili e che invece si ribellano a questa invisibilità. «Ci siamo - dice ancora Wagne - e vogliamo farci sentire. Siamo quelli che occupano i cantieri per farci pagare il giusto e per chiedere di lavorare in sicurezza». Quello della sicurezza è un problema che i migranti sentono particolarmente. Del resto gli incidenti di questi ultimi mesi hanno coinvolto per lo più lavoratori stranieri. Ma soprattutto, sottolinea il coordinamento, «ci sono molti incidenti che non vengono denunciati per via dei ricatti che subiscono i lavoratori, costretti a stare a casa dichiarandosi in malattia». La manifestazione di oggi pomeriggio (il concentramento è alle 15 in Largo Divisione Pasubio, dietro Piazza Brà e il corteo arriverà alla Veronetta, in piazza Santa Toscana) è stata preparata con assemblee nei luoghi di lavoro e con incontri nei phone centres e nei luoghi di aggregazione dei migranti. «Purtroppo - dice Wagne - sembra di essere ritornati al 2004, quando è entrata in vigore la legge Bossi-Fini. Il governo Prodi - aggiunge - non ha ancora detto chiaramente cosa intende fare. Siamo in attesa di una nuova legge sull'immigrazione che comunque sarà una legge quadro e quindi suscettibile di modifiche». L'unica cosa positiva, riconosce Wagne, è la «ricezione da parte dell'Italia delle direttive europee sui ricongiungimenti familiari e sulla carta di soggiorno. Ma, appunto, sono direttive europee, non provvedimenti presi dall'Italia».

 

19 aprile 2007 - Bari live

Aperto da qualche mese lo sportello è gestito dai migranti stessi, come ci racconta Amadou, coordinatore del servizio, che denuncia alcune anomalie del sistema
Sportello RdB/Cub: "Serve un sostegno concreto al mondo dell'immigrazione"
Sono molte le difficoltà per i migranti, che a Bari portano anche a situazioni di disagio mentale
di Gianpietro Occhiofino

Amadou, il coordinatore del servizio

Bari - Sono 2.767.964, gli stranieri titolari di permesso di soggiorno in Italia. L’Istat dice che nel nostro paese in dieci anni gli immigrati sono cresciuti di due milioni di unità. Su 399.271 domande per i decreti flussi, presentate nel 2006, 274.449 sono state già esaminate. Secondo il Ministero dell’Interno, le restanti 124.822 rischiano di non ottenere il rilascio del nullaosta. In migliaia,infatti, hanno sbagliato la compilazione delle stesse.
Entro giugno comunque, assicurano dal Viminale, sarà emanato il decreto flussi 2007. La verità è che l’attuale esecutivo in questa materia è fortemente in ritardo. L’ultima riunione tecnica per fissare le quote dei flussi di quest’anno, si è tenuta a novembre del 2006. In Italia, evidentemente, si continua a tergiversare sui problemi legati all’immigrazione.
Nella nostra città esiste uno sportello che garantisce una reale assistenza ai migrati. Un servizio impeccabile, gestito dai migranti stessi. Stiamo parlando dello Sportello Immigrati RdB/Cub di Bari, sito in via Michele De Napoli. I ragazzi sono competenti, generosi e preparati: conoscono a menadito la normativa vigente. Abbiamo incontrato il coordinatore del servizio, Amadou. "Innanzitutto c’è da dire che lo Sportello unico gestito dalle Prefetture non funziona adeguatamente. La causa? La mancanza dei mediatori culturali al proprio interno. Spesso le pratiche per i rinnovi si bloccano perché sbagliano a ricopiare i nomi degli interessati".
Ci stupisce Amadou, quando ci fa riflettere sul fatto che il 99% di coloro che presentano domanda per i flussi risiede già in Italia. "Si è visto che a marzo del 2006", continua Amadou, "le code dinnanzi alle poste sono state fatte dagli stessi immigrati e non dai loro datori di lavoro, così come invece prevede la legge". Per non parlare, poi, delle problematiche legate ai visti d’ingresso rilasciati dalle nostre ambasciate all’estero. E’ a questo punto che Amadou ci colpisce profondamente, affrontando una drammatica verità.
"E’ soprattutto in Africa che i visti d’ingresso sono in vendita. Chi ha i soldi per comprarselo entrerà in Italia, i poveri che non possono permetterselo, no. E l’idea stessa di creare agenzie interinali nei paesi di origine vuol dire legalizzarne la truffa". Denunciare questi soprusi è per noi un dovere.
RdB/Cub e Sportello immigrati promuovono una nuova forma d’inserimento sociale che parte dall’autorganizzazione degli stessi migranti. Un modo per far sì che le varie comunità divengano protagoniste della vita politica, culturale, sociale della nostra città. "Al Comune di Bari e agli altri enti locali", dice Amadou, "chiediamo di lavorare più spesso con le comunità, non basandosi soltanto sull’istituzione di organismi che non funzionano e non hanno alcun potere. Come ad esempio la Consulta per gli immigrati o l’Ufficio regionale dell’immigrazione che non fa nulla nel concreto".
A breve dovrebbe essere approvata la nuova legge regionale, proposta dall’assessora Gentile. "E’ giusto farla, ma questo non deve bloccare le altre priorità. Bari non è una città che discrimina, ma tutti gli enti locali devono sforzarsi di farsi carico dei disagi che le immigrate e gli immigrati vivono quotidianamente. Non vogliamo polemizzare con nessuno, ma bisogna sensibilizzare la gente e le istituzioni di fronte a tali problemi".
Amadou ci confessa che parecchi ragazzi hanno grosse difficoltà ad integrarsi qui a Bari. Questo genera in loro un forte disagio, soprattutto mentale e psicologico. Casi ai limiti della psichiatria, per intenderci. Il tutto è aggravato dall’assenza di una rete pubblica in grado di offrire un indispensabile supporto psico-sociale. Situazioni drammatiche che, moralmente necessitano risposte. Politicamente, rapide decisioni. A cominciare proprio da Palazzo di Città.

 

17 aprile 2007 - Il Mattino di Padova

ASSALTO IN PIAZZA CAPITANIATO
Iscrizioni dei cittadini rumeni caos agli sportelli dell’anagrafe

Padova - E’ ancora caos all’anagrafe per le iscrizioni dei rumeni, che dall’11 aprile, come cittadini europei, possono indicare la loro residenza in città e «gettare» il permesso di soggiorno. Già dalla scorsa settimana però gli uffici di piazza Capitaniato non sono riusciti a reggere l’ «urto» di centinaia di persone in coda. «Episodi di ordinaria disorganizzazione - attacca il portavoce dei Cobas Stefano Pieretti - Da tempo si sapeva che registrare quattromila rumeni non sarebbe stato semplice: bastava organizzarsi e dedicare degli sportelli a questa operazione, utilizzando dei mediatori culturali. Adesso i dipendenti stanno lavorando a più non posso, ma non riescono a supplire a una carenza organizzativa che sta a monte».
Piccata la risposta dell’amministrazione: «dimissionario» l’assessore ai Servizi anagrafici Renzo Scortegagna (ieri a palazzo Moroni solo per salutare dirigenti e dipendenti) la «patata bollente» è nelle mani di Marco Carrai: «Non sono i sindacalisti che dettano i tempi e non c’è bisogno di sollevare polveroni - risponde l’assessore al Personale - Purtroppo le risorse non si trovano dal nulla e il personale deve anche essere formato rispetto a queste nuove procedure. In ogni caso in pochi giorni risolveremo il problema. Voglio sottolineare però che non è vero che abbiamo aspettato che scoppiasse la bomba prima di agire: il decreto è uscito solo poche settimane fa».

 

16 aprile 2007 - Corriere del Veneto

Coordinamento dei migranti sabato in piazza

VERONA — L'hanno presentata ieri e l'appuntamento è per sabato prossimo, alle 15, in piazza Bra. Arriveranno anche da altre città del Nord Est gli stranieri e gli attivisti che parteciperanno alla manifestazione del coordinamento Migranti federato alla Rappresentanze di base e dalla rete europea contro il precariato degli Invisible Workers of the World. Una manifestazione voluta per portare avanti le istanze degli immigrati che chiedono in primo luogo una sanatoria per chi è in attesa di permesso di soggiorno e per chi è irregolare, il permesso di soggiorno anche senza un contratto di lavoro, il rimboroso dei contributi previdenziali prima dei 65 anni per chi decide di tornare in patria. Sabato i migranti diranno basta anche « con la procedura di rinnovo alle poste. Chiediamo che sia gratuito e in tempi brevi » , ma anche il diritto alla casa e una nuova legge sugli affitti. Temi che a Verona, negli ultimi mesi, sono stati particolarmente sentiti e che hanno visto il coordinamento in prima fila. 15 l'orario in cui si ritroverà in piazza Bra, sabato prossimo, il coordinamento Migranti

 

16 aprile 2007 - L'Arena

Coordinamento migranti, sabato manifestazione in piazza Bra
«Sanatoria per tutti gli stranieri e diritto al voto amministrativo»

Verona - «Gli immigrati dicono basta». È lo slogan della manifestazione indetta per sabato in piazza Bra alle 15 dal Coordinamento Migranti di Verona, federato alle rappresentanze sindacali di base Rdb-Cub e alla Invisible workers of the world.
Fitta la piattaforma delle rivendicazioni: sanatoria per tutti gli immigrati in attesa di permesso di soggiorno, permesso di soggiorno anche senza contratto di lavoro, no al «furto» della liquidazione e dei contributi previdenziali, rinnovo gratis e in tempi brevi dei permessi, cancellazione di tutti i reati minori che impediscono il rinnovo dei permessi di soggiorno, diritto alla casa e leggi sugli affitti «non discriminanti», diritto al voto politico e amministrativo.
Per sabato in piazza Bra, fanno sapere gli organizzatori, sono attesi manifestanti da tutto il Veneto e il Nordest.

 

15 aprile 2007 - Corriere del Veneto

Coordinamento dei migranti sabato in piazza

VERONA — L'hanno presentata ieri e l'appuntamento è per sabato prossimo, alle 15, in piazza Bra. Arriveranno anche da altre città del Nord Est gli stranieri e gli attivisti che parteciperanno alla manifestazione del coordinamento Migranti federato alla Rappresentanze di base e dalla rete europea contro il precariato degli Invisible Workers of the World. Una manifestazione voluta per portare avanti le istanze degli immigrati che chiedono in primo luogo una sanatoria per chi è in attesa di permesso di soggiorno e per chi è irregolare, il permesso di soggiorno anche senza un contratto di lavoro, il rimboroso dei contributi previdenziali prima dei 65 anni per chi decide di tornare in patria. Sabato i migranti diranno basta anche « con la procedura di rinnovo alle poste. Chiediamo che sia gratuito e in tempi brevi » , ma anche il diritto alla casa e una nuova legge sugli affitti. Temi che a Verona, negli ultimi mesi, sono stati particolarmente sentiti e che hanno visto il coordinamento in prima fila. 15 l'orario in cui si ritroverà in piazza Bra, sabato prossimo, il coordinamento Migranti.

 

15 aprile 2007 - Il Mattino di Padova

Anagrafe, gli uffici rischiano il collasso
Ieri gente in fila prima dell’apertura Carte elettroniche: tre sportelli «inutili»
di Ernesto Milanesi

Padova - Anagrafe sul filo del rasoio per le pratiche di rumeni e bulgari diventati europei. Giovedì mattina si è rischiato il collasso degli uffici. Ieri la situazione in piazza Capitaniato era ancora «pesante». Domani si capirà davvero se e come l’Amministrazione risolve l’emergenza. Stefano Pieretti di Adl-Cobas è stato il primo a lanciare l’allarme: «Dall’11 aprile si sapeva che ci sarebbero state migliaia di pratiche da smaltire. Eppure, non si è provveduto di conseguenza. L’assessore Marco Carrai, accompagnato da Marzio Pilotto, si è reso conto di persona. Speriamo bene».
Ieri mattina alle 8, c’era una cinquantina di persone in coda già prima dell’apertura del portone. Soltanto il primo «assalto» dei previdenti. Regolamentato dagli agenti della Polizia municipale, finché non hanno dovuto rinforzare il presidio del municipio in vista della manifestazione del Gramigna.
La giornata all’Anagrafe è proseguita ad ondate progressive. Come al supermarket, tutti con il numero in mano: seduti ad aspettare la chiamata degli sportelli. Sulla colonna un cartello esplicita: «13 aprile: non si ricevono più cittadini comunitari». La signora delle informazioni è alle prese con la fila d’ingresso, compreso chi confonde gli uffici comunali o le pratiche della questura con i certificati del Comune. Tutti i dipendenti dell’Anagrafe sono alle prese con l’emergenza. Manca solo il responsabile (sindacalista Uil, ramo dirigenti).
Ma giovedì è stata una giornata campale. Il «tempo di percorrenza» dal numero allo sportello raggiungeva i 100 minuti: tondi tondi. Con i conseguenti contraccolpi sull’immagine del servizio.
Alle 12.30, quando l’Anagrafe chiude i battenti al pubblico, all’interno erano in attesa decine di persone. E comunque le pratiche si accumulavano inesorabilmente.
E’ stato a quel punto che i Cobas hanno "invitato" l’assessore Carrai e il funzionario di palazzo Moroni a «visitare» l’Anagrafe. Occorreva correre ai ripari. E in fretta.
«Sembra che da lunedì verrà allestito un filtro preventivo per rumeni e bulgari nella sala del Consiglio di quartiere 1. E soprattutto che arriveranno, a sostegno, gli incaricati dell’Assessorato Immigrazione. Di certo, i dipendenti hanno fatto il possibile finora in una situazione largamente prevedibile. Al punto che lo stesso responsabile aveva partecipato alle apposite riunioni, alla vigilia dell’allargamento delle frontiere europee» sottolinea Pieretti, che anche ieri mattina è tornato a verificare di persona la situazione all’Anagrafe.
Domani, dunque, si capirà se l’imput di Carrai e Pilotto ha davvero prodotto gli indispensabili effetti. Tanto più che, rispetto alla pianta organica, l’Anagrafe funziona con almeno cinque dipendenti in meno.
Intanto, dagli uffici di piazza Capitaniato affiorano altri particolari. C’è un solo «mediatore culturale» a fronteggiare allo sportello le richieste dei residenti stranieri. Un paio di cartelli in cinese, invece, avvisano gli immigrati con il passaporto di Pechino su qualcosa di importante quanto misterioso per chi non sa decrittare gli ideogrammi.
E dietro l’angolo, arriva la beffa. Tre sportelli con il display desolatamente spento. Sono stati riservati all’emissione delle nuove e tecno carte d’identità elettroniche. Peccato che il Comune di Padova risulti, attualmente, sprovvisto della... materia prima. Senza carte elettroniche, sportelli chiusi.
Non è dato sapere se, dietro le quinte o ai piani superiori, ci siano altre simili sorprese. Di certo, l’«emergenza Anagrafe» è acclarata. Con buona pace di chi resta concentrato solo su schede, famiglie, convivenze e certificati.

 

 

11 aprile 2007 - Corriere del Veneto

Manifestazione il 21 aprile da tutto il Nord Italia
« Contro Prodi e l'Unione » Immigrati in piazza Bra

VERONA — Avranno i volti di chi scende in piazza perchè dice che il suo volto non viene riconosciuto. Avranno la rabbia di chi ha una sola parola: « basta » .
E' per dire « basta » che gli immigrati arriveranno in piazza Bra sabato 21 aprile. Lo faranno sotto la sigla del coordinamento Migranti, che è confederato alla rete della rappresentanze sindacali di base. Lo faranno con gli Invisible Workers of the World, la rete europea contro il precariato.
Avranno l'appoggio dei movimenti del Nord Est, impegnati lo stesso giorno in un'altra manifestazione, a Trento.
Ma le rivendicazioni che portano avanti, le richieste che fanno, sono le voci inascoltate del governo Prodi e dell'amministrazione di centrosinistra a Verona. « Le politiche sul lavoro e sull'immigrazione dimostrano di essere quello che ci aspettavamo. Da un lato il nascondersi dietri meri gesti di facciata. Dall'altro il proseguire sulla sica di dispositivi di legge e di governance della migrazione che trattano i migranti come indesiderabili » . La manifestazione del 21 aprile in Bra dirà « basta » a diverse cose, partendo dalla procedura di rinnovo alle poste, che sta creando non pochi problemi anche a Verona. « Vogl iamo il rinnovo gratis e in tempi brevi » , dicono gli immigrati, che accusano il governo Prodi di non aver mantenuto la promessa di migliorare la legge sull'immigrazione.
Chiedono la chiusura « subito » dei centri di permanenza temporanea, una sanatoria per chi è in attesa del permesso e per chi è irregolare, il permesso anche senza il contratto di lavoro. Chiamano a raduno a Verona tutti gli immigrati del Nord Italia per quello che, in riva all'Adige, è un tema caldo: il diritto alla casa « per tutti e una nuova legge sugli affitti che non discrimini gli immigrati » .
Argomenti, quelli del permesso di soggiorno e degli affitti che sono ventilati spesso, nei meandri dell'amministrazione comunale, negli ultimi tempi. Che sarebbero scesi in piazza per protestare lo aveva ventilato spesso, il segretario del coordinamento, Moustapha Wagne. « Abbiamo deciso di prenderci la piazza per prenderci i diritti. Senza apettare che un pretesto governo amico trovi il tempo di risolvere le sue beghe interne. I migranti non hanno amici. Si organizzano da soli, dentro pratiche di movimento che definiscono il comune delle lotte del lavoro migrante e del lavoro precario » . Per questo saranno in piazza Bra il 21 aprile.(An.Pe.)

 

1 aprile 2007 - La Repubblica

Da piazza Umberto alla Prefettura
Immigrati 300 in corteo "Più diritti"
di PAOLO RUSSO

Bari - Un corteo colorato e rumoroso per le vie della città: gli immigrati di Bari tornano, dopo mesi di silenzio, a far sentire la loro voce. Trecento cittadini stranieri, quasi tutti africani e orientali, sostenuti da rappresentanti dei circoli di Rifondazione comunista e di Studenti in movimento, hanno partecipato ieri pomeriggio alla manifestazione organizzata dallo sportello immigrati del sindacato autonomo Rdb – Cub. Un corteo da piazza Umberto a piazza Prefettura per denunciare l´aumento del disagio sociale e il peggioramento delle condizioni di vita degli stranieri di Bari. Gli slogan diffusi dagli altoparlanti (in italiano con traduzione in francese ) chiedevano la chiusura immediata del Cpt e la non riapertura della "roulottopoli" di Palese. Sugli striscioni anche temi di politica nazionale: richiedere il permesso di soggiorno, in Italia, è ancora un´operazione troppo complicata e onerosa. Accompagnati dai ritmi dei bonghi, gli immigrati hanno rivendicato anche il diritto alla salute e alla casa: troppi di loro sono costretti a vivere in tuguri, pur pagando centinaia di euro di affitto. «A Bari gli stranieri sono ancora considerati un problema – denuncia Sabino De Razza, consigliere di Rifondazione – ci si ricorda di loro solo quando ritorna l´emergenza abitativa». Mercoledì una delegazione di venditori ambulanti incontrerà l´amministrazione comunale per chiedere la realizzazione di un mercatino multietnico.

28 marzo 2007 - Il Manifesto

Sfruttate dalla coop dei rifiuti Lavoratrici nigeriane in lotta
La Ideal Service, aderente alla Lega delle cooperative, ha aperto le procedure di mobilità per alcune operaie. Ieri sciopero delle immigrate
di Orsola Casagrande

Venezia - Trattiamo rifiuti ma siamo trattati peggio dei rifiuti. Con questo slogan una ventina di lavoratrici, per lo più nigeriane, ieri mattina hanno volantinato davanti alla sede della Lega cooperative di Marghera. Sono le lavoratrici della Ideal Service, cooperativa che si occupa di riciclaggio di rifiuti solidi urbani. L'azienda (che ha 6 stabilimenti, di cui 4 in Friuli Venezia Giulia e 2 in Veneto, 600 dipendenti totali) ha improvvisamente annunciato di voler aprire la procedura di mobilità per 10 dipendenti dello stabilimento di Ballò di Mirano. Lo stesso colpito, nel 2004, da una vicenda analoga. Allora l'azienda aveva cercato di licenziare 12 dipendenti addette alla selezione, ma l'intervento dell'associazione difesa lavoratori (federata ai Cobas) era riuscito a sventare il danno, dopo una vertenza durata a lungo, con molte ore di sciopero, manifestazioni e un coinvolgimento totale delle lavoratrici, quasi tutte migranti.
Anche ieri al presidio erano in tante. Donne migranti che lavorano all'Ideal Service anche da 5 o 6 anni. E che oggi rischiano di trovarsi in mezzo alla strada. Per l'Adl anche in questo caso l'azienda non ha motivo per chiedere la mobilità. «La previsione fatta da Ideal Service - dice Gianni Boetto - di un peggioramento della situazione dal punto di vista della produzione non è suffragata dai fatti. Inoltre va detto che l'impianto attuale della selezione, per funzionare, ha bisogno di undici persone per turno, quindi 22 per due turni. Attualmente vi lavorano venticinque persone. Non ci pare un numero ulteriormente comprimibile».
Quella di ieri era un'iniziativa per sensibilizzare la Lega delle cooperative di cui l'Ideal Service fa parte. Una responsabile della Lega ha incontrato le lavoratrici. Per molte donne questo lavoro significa non solo uno stipendio, per quanto basso, ma anche la possibilità di avere rinnovato il permesso di soggiorno. Dicono le giovani nigeriane che il lavoro in fabbrica è «molto pesante. Non è certo un bel lavoro. Molte di noi sono in questa cooperativa da 5 anni ma continuano ad essere trattate a pesci in faccia». Tutte concordano nel sottolineare che «c'è una disparità di trattamento evidente tra noi e i dipendenti italiani. Noi siamo sempre le ultime». Le lavoratrici lamentano anche la scarsa solidarietà dei colleghi di lavoro italiani. «Pensano - dice una delle più anziane - che non verranno mai toccati. Ma l'azienda non guarda in faccia nessuno». Molte delle lavoratrici che ieri hanno fatto lo sciopero erano già state coinvolte nella vicenda del 2004. L'azienda voleva spostare 11 lavoratrici (tutte nigeriane) negli altri stabilimenti del gruppo (distanti anche 15 chilometri), con contratti non più full ma part time. Ma la loro risposta ha evitato il peggio.

 

Roma – mercoledì, 28 marzo 2007

28 marzo 2007 - Asca

IMMIGRATI: FERRERO, ORA LEGGE. POI PARLIAMO DI REGOLARIZZAZIONE

(ASCA) - Roma, 28 mar - La possibile regolarizzazione degli immigrati presenti in Italia non attraverso i canali ufficiali ma attualmente al lavoro e' un argomento ''di cui si potra' parlare solo nel contesto dell'approvazione di una nuova legge sull'immigrazione''. Lo ha spiegato il ministro della Solidarieta', Paolo Ferrero a una platea di oltre 100 immigrati romani intervenuti ad una assemblea pubblica promossa dalle Rd-Cub. ''Ho fatto questa proposta piu' volte in Cdm'', ha detto Ferrero rispondendo ai cittadini immigrati che a piu' riprese gli hanno parlato di sanatoria della loro posizione. ''La proposta non e' passata, non ha i numeri ed e' un discorso che non puo' essere separato dal percorso verso una nuova legge, cosi' come avvenne nel 2002''. Ricordando che il suo impegno al momento e' quello di approvare il nuovo testo sull'immigrazione, Ferrero ha detto che ''una regolarizzazione bisogna provare a farla, ma penso che bisognera' aspettare quando la legge sara' approvata''. Un argomento molto caldo per la platea che ha accompagnato il ministro alla macchina, alla conclusione del suo intervento, gridando lo slogan ''Noi vogliamo il permesso di soggiorno''. Uno slogan che condividono tutte le campagne di sans papier europee.

IMMIGRATI. FERRERO: PRIMA LEGGE, POI PENSIAMO A REGOLARIZZAZIONE

(DIRE) Roma, 28 mar. - "Una discussione sulla possibile regolarizzazione degli oltre 700 mila clandestini presenti in Italia potra' avvenire solamente in un contesto di approvazione della nuova legge sull'immigrazione, cosi' come avvenne nel 2002". Il ministro della Solidarieta' sociale, Paolo Ferrero, durante un convegno sull'immigrazione organizzato da Rdb Cub, comitato migranti di Roma e Action, risponde cosi' alla richiesta di sanatoria sollevata da diversi immigrati che hanno partecipato al confronto. "Io sono per la regolarizzazione" di quanti risiedono in Italia clandestinamente pur avendo un posto di lavoro, "ma questa proposta non e' passata". Insoddisfatta una buona parte della platea, costituita per lo piu' da stranieri, che hanno accompagnato il ministro fino all'automobile al grido di "Noi vogliamo il permesso di soggiorno".

 

24 marzo 2007 - Adnkronos

IMMIGRATI: NAPOLI, UN MIGLIAIO DI MANIFESTANTI ALLA MARCIA PER I DIRITTI

Napoli, 24 mar. - (Adnkronos) - Si è svolta oggi, a Napoli, la manifestazione per i diritti degli immigrati, indetta dal Comitato Immigrati in Italia (Napoli e Caserta), dal sindacato di base Rdb-Cub e dal collettivo antirazzista «No Border», a cui hanno aderito un migliaio di persone, in larga maggioranza lavoratori immigrati provenienti dall'Africa e dal Bangladesh. Sfidando la pioggia battente, il corteo è partito da Piazza Garibaldi e, tra musica e balli, ha raggiunto piazza del Plebiscito, dove una delegazione degli immigrati ha incontrato una rappresentante della Prefettura a cui ha esposto le rivendicazioni dei manifestanti.

 

22 marzo 2007 - Il Gazzettino

Chi prenota oggi all’ufficio postale avrà l’appuntamento in Questura nel 2008, tra nove mesi
«Permessi di soggiorno sempre più a rilento
Pronti a manifestare contro questo disservizio»

Vicenza - «L'attività di rilascio dei permessi di soggiorno è peggiorata. Per un appuntamento in questura bisogna aspettare circa nove mesi. Per chi si reca oggi in un ufficio postale la prenotazione è per il 2008. Organizzeremo una manifestazione contro questo disservizio». Non usa giri di parole Morteza Nirou, iraniano, sindacalista dello sportello Area immigrati delle Rappresentanze sindacali di base, per commentare la situazione che si è creata con la chiusura dei centri di accoglienza immigrati, avvenuta alla fine dell'anno scorso.
Una situazione, spiega, insostenibile, che sta provocando disagi e clandestinità. Le domande infatti non si presentano più presso uno dei sei poli di segretariato sociale del Vicentino, ma negli uffici postali abilitati. Successivamente gli immigrati sono convocati in questura per il ritiro del documento di soggiorno. L'introduzione del nuovo sistema di rinnovo e rilascio di permessi e carte di soggiorno interessa, nella sola provincia di Vicenza, settantaduemila regolari. Ma per Nirou le attese dei rinnovi sono diventate troppo lunghe: «Compromettono la posizione lavorativa degli stranieri perché una volta pronto il documento, scade il contratto di lavoro. Il risultato? Ci sono stranieri che perdono il posto e sono poi costretti a rivolgersi al lavoro nero per poter mantenere se stessi e la famiglia».
Come funzionano le procedure promosse dal Ministero dell'Interno in collaborazione con l'Associazione nazionale comuni italiani, Poste Italiane spa e gli istituti di patronato?
Gli interessati si devono recare presso qualsiasi ufficio postale per ritirare il kit contenente i moduli per il rilascio dei documenti. Le istanze vanno consegnate in uno degli uffici postali abilitati. I kit sono distinti da una banda gialla per i cittadini extracomunitari e da una banda blu per quelli comunitari. In provincia gli uffici postali abilitati sono una settantina.
A Vicenza si trovano in contra' Garibaldi, in via del Mercato Nuovo e in via Rossa. Dodici, invece, i patronati che, sempre in provincia, hanno il compito di dare informazioni e assistenza per la compilazione dei moduli: sono attivi ad Arzignano, Asiago, Bassano del Grappa, Camisano Vicentino, Lonigo, Marostica, Montecchio Maggiore, Sandrigo, Schio, Thiene, Valdagno e Vicenza. La maggioranza degli stranieri residenti nel Vicentino proviene da ex Jugoslavia,Marocco e Albania. Numerose anche le nazionalità asiatiche come India, Sri Lanka e Bangladesh.

 

4 marzo 2007 - La Padania

Cronaca di una giornata di disordini annunciati:
i centri sociali tentano l’assalto al Cpt, scontri con la polizia
SINISTRA VIOLENTA, GUERRIGLIA A BOLOGNA
di ANDREA ACCORSI

Bologna - Saranno 20, 30 metri. Via Mattei, estrema periferia nord-orientale di Bologna, dove le strade portano ancora il nome di Lenin e dei "padri del socialismo". Da un lato, protetto dal doppio cordone di polizia, uno dei centri di permanenza temporanea più turbolenti, già teatro di numerosi disordini, fughe, incidenti, perfino di morti. Di fronte a non più di 2 mila giovani i centri sociali e i movimenti no-global arrivati con quattro treni e dieci pullman da tutto il Paese: dalla Lombardia, dal Nordest, dalle Marche e dalla Toscana i treni, mentre i pullman soprattutto dal Meridione.
Si sono dati appuntamento sotto il Nettuno, nel cuore di Bologna, sotto le finestre del sindaco, «sceriffo e fascista», Sergio... ... Cofferati. C’era anche il redivivo esponente di Potere Operaio Oreste Scalzone, che pontificava tra la folla. Si sono mossi alle 16 dietro agli striscioni «Chiudere i Cpt ora» e «Governo Prodi, giunta Cofferati, vergogna». Non hanno sentito le ragioni del questore, Francesco Cirillo, e hanno puntato dritto verso il Cpt bolognese.
«Crediamo sia giusto - afferma il leader dei no-global Luca Casarini, anticipando l’intenzione dei disobbedienti di appendere uno striscione sulle inferriate del Cpt - avvicinarsi a quelli che sono rinchiusi dentro a un lager, per farci sentire, dato che il Cpt non è una cattedrale sacra». Ma l’indice è puntato anche contro il sindaco rosso di Bologna e il premier: «C’è un rapporto - prosegue Casarini - tra la politica di Cofferati e quella del Governo Prodi. Cofferati è la coscienza di destra del Governo di sinistra. È un uomo di destra che suggerisce ai suoi referenti nazionali cosa fare. Grazie anche a lui aumentano le gabbie, la repressione e i divieti».
Bologna ha assistito, un po’ stupita e disorientata, al loro passaggio, che è stato peraltro pacifico. C’era Domenico Mucignat del Teatro Polivalente Occupato a fare gli onori di casa. Grande assente Rifondazione comunista. Il segretario provinciale Tiziano Loreti aveva annunciato: «Metà delle rivendicazioni sono contro di noi, non manifestiamo contro noi stessi».
Puntuale all’appuntamento il consigliere comunale bolognese indipendente Valerio Monteventi: «Iniziai la mia battaglia contro il Cpt nel 1999, la proseguii in consiglio comunale quando Guazzaloca approvò la variante per trasformare le caserme Chiarini, ho partecipato a tutte le manifestazioni di disobbedienza civile contro il Cpt e ci siamo incatenati tre volte. Sarebbe un’eccezione se io non ci fossi». E a chi gli fa notare l’assenza dei dirigenti del Prc, Monteventi risponde: «Ci sono ruoli diversi. Questa è una manifestazione dei disobbedienti che non hanno chiesto l'adesione dei partiti, tuttavia la militanza di base e alcuni consiglieri di quartiere sono qui».
I segnali di tensione alla vigilia non erano mancati. Venerdì l’ex cinema Embassy era stato okkupato, in serata il "cattivo maestro" Renato Curcio era tornato a tenere i suoi sermoni dalla cattedra. Ieri tutto è filato liscio fino alle 18: solo qualche negoziante, più timoroso degli altri, ha tirato giù la saracinesca al loro passaggio. Poi, epilogo di una giornata di tensione crescente, quando la testa del corteo è arrivata in via Mattei, d’improvviso si è accesa la scintilla. «Caschi» hanno ordinato i dirigenti della polizia agli agenti in tenuta antisommossa. Dall’altra parte, davanti al "camion musicale" che apriva il corteo sono spuntati dei pannelli di plastica a formare una sorta di rudimentale "testuggine". I ragazzi delle prime file si sono calati berretti e passamontagna. In una concessionaria di auto, proprio vicino al punto di contatto, è partito un antifurto, quasi a voler sottolineare la situazione di allarme.
La "testuggine" è avanzata: 30, 20, 10 metri. Poi il contatto con gli scudi e i manganelli della polizia. Tra la caligine dei fumogeni e l’esplodere di alcuni petardi si è rischiato il peggio.
Sul campo resteranno alcuni contusi da entrambe le parti, con due persone finite in ospedale e quattro manifestanti fermati dalle forze dell’ordine. Un attimo di pausa, poi la polizia ha caricato, una, due volte. «Fascisti» gridavano dal corteo, mentre ripiegavano, sollecitando le persone più indietro a retrocedere per aprire una via di fuga.
Dagli altoparlanti veniva scandito l’invito a riorganizzarsi, ma anche a rispettare le indicazioni che arrivavano dagli organizzatori della manifestazione. «Siamo 10 mila, molti più di loro»: si è temuto un secondo attacco, ma alla fine è prevalsa la stanchezza, con la consapevolezza che arrivare fino alle mura del Cpt - com’era nelle intenzioni dei manifestanti - era impossibile. Sulla strada, per pochi minuti, mentre i contestatori tornavano a casa, sono rimasti piantati cartelli come "No ai Cpt" e "Attenzione lager a 200 metri". E restano, pure, le bottiglie di birra e Lambrusco così come le solite scritte di vernice su muri e cartelloni pubblicitari.
"Ho smontato il Cpt e lo rifarei" si leggeva su uno striscione. "Siamo tutti precari, siamo tutti clandestini" recita un’altro cartellone. Alcuni manifestanti hanno espresso solidarietà ai «compagni del centro sociale di Copenaghen, sgomberato in settimana dalla polizia danese». Letta su una maglietta: "Dovete darci il denaro e poi ne riparliamo". E ancora: "Reddito per tutti, lavoro o non lavoro".
«Questo Governo si è spaccato sulla politica estera - osserva una manifestante arrivata da Valsusa - ma poteva capitare su tante altre cose. La Tav o i Dico o gli immigrati. È un Governo che non esisteva già prima, figuriamoci adesso che è già caduto una volta». La ragazza, giovanissima, è fasciata in un tubino nero: la sua voce è quella di una scolaretta in libera uscita.
Preso atto della pesante contestazione al sindaco Cofferati, attaccato anche per le telecamere che il Comune vuole installare per sorvegliare meglio la città, e della evidente conflittualità con l’attuale Governo, ministro Amato in testa, bastava scorgere le bandiere issate sulle teste dei manifestanti per capirne i loro orientamenti politici. Accanto alle immancabili bandiere della pace e di Cuba, si sono viste solo quelle dei Verdi e del Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori, oltre a Rdb, Cub e Cobas. Prima del "rompete" la parola d’ordine è stata: «Andiamo a casa con una vittoria politica. È l’inizio di una stagione e qualcuno dovrà farsene una ragione». Quel qualcuno è più facile individuarlo nelle forze politiche che attualmente governano il Paese e la città, assai più che nell’opposizione.

E la casa bolognese del premier diventò una caserma blindata

Bologna - Erano ben 11 i mezzi della polizia, stipati tra piazza Santo Stefano e via Gerusalemme, che hanno blindato - a partire dalle ore 15 di ieri - casa Prodi. Tutta colpa della manifestazione anti-Cpt organizzata a Bologna: per proteggere il premier, a casa per il weekend, sono dunque accorsi i rinforzi. Decine di poliziotti, in tenuta antisommossa, hanno stazionato a pochi metri dal portone di casa del primo ministro. Almeno una ventina i carabinieri, accanto ad altrettanti uomini della Questura, che hanno sbarrato l’ingresso a via Gerusalemme da strada Maggiore.
Il corteo, su richiesta della Questura, è sfilato in via San Vitale e non in strada Maggiore (come proposto inizialmente dai manifestanti) ha comunque offerto un inaspettato diversivo. Uno dei due camion sound system infatti, non potendo passare sotto l’arco di via San Vitale, ha dovuto staccarsi dal corpo centrale del corteo e sfilare singolarmente, proprio davanti alle divise delle forze dell’ordine che presidiavano i dintorni di casa Prodi. Tranne qualche slogan e la musica ad alto volume, il contrattempo tecnico non ha causato alcun problema.
La tensione era alta: in passato, infatti, strada Maggiore è stata teatro di azioni dimostrative. Vale, in particolare, per quello accaduto alla fine del 2003, quando ordigni rudimentali - fabbricati con due pentole a pressione e due bombolette di gas da campeggio - furono fatti scoppiare a distanza di venti minuti l'uno dall'altro (con la tecnica della trappola) in due cassonetti dell'immondizia all'angolo fra strada Maggiore e via Gerusalemme.
A sfilare, a due passi da casa Prodi, sono accorsi ieri molti immigrati, tantissimi giovani dei centri sociali e degli spazi autogestiti giunti da Marche, Emilia Romagna, Friuli, Trentino, Napoli, Genova, Roma, Torino, Milano e Firenze. Alla manifestazione, accanto agli striscioni, anche le bandiere delle Rdb e dei Verdi. In testa alla sfilata tanti decibel di note musicali e di grida contro i Cpt inventati dalla sinistra.

 

4 marzo 2007 - Il Manifesto

Bologna Migliaia in piazza per la chiusura dei centri. Assenti parlamentari e partiti
Movimento solo contro i cpt
In corteo centri sociali e immigrati arrivati da tutta Italia. C'è anche Oreste Scalzone. Slogan e striscioni contro il governo e contro la proposta Amato di «superamento» dei centri di permanenza temporanea. Carica della polizia davanti a via Mattei: due manifestanti feriti e cinque fermati, poi rilasciati
di Cinzia Gubbini

Bologna - Martelli pneumatici e cemento a presa rapida. Tempo mezzora e sull'asfalto di via Mattei a Bologna vengono piantati tre cartelli. Opera di un gruppo di ragazzi coperti con cappucci e protetti da un cordone di attivisti dei centri sociali. Avvisi all'automobilista che transita sulla provinciale dove sorge il centro di permanenza temporanea per migranti. Il più grande dice: «Attenzione, lager a 200 metri». Azione «disobbediente» che raccoglie applausi, efficace blitz comunicativo al termine di una manifestazione che ha portato migliaia di persone in strada, diecimila secondo gli organizzatori. Poco prima c'era stato il fronteggiamento muscolare con il cordone della polizia che «proteggeva» il cpt dell'ex caserma Chiarini. Qualche manganellata, fumogeni, diversi feriti di cui tre portati via in ambulanza. La questura aveva fatto sapere che non sarebbe stato permesso al corteo di raggiungere il cpt. E così è stato, nonostante un mezzo tentativo di sfondamento. D'altronde a nessuno interessava, per dire la verità, far esplodere il «caso» della manifestazione finita a botte. La cosa fondamentale, per i promotori, era far vedere che i cortei riescono anche al di fuori dei rapporti con i partiti di centrosinistra. Avevano ragione. Era una scommessa, e non facile. Partiti e sindacati non si sono fatti vedere, eccezion fatta per la federazione provinciale dei Verdi di Bologna e lo spezzone pieno di bandiere delle Rdb. Assente anche tutto l'associazionismo «classico». Incompatibilità con una piattaforma dura, che ha tracciato un'analisi spietata della strada imboccata dal governo sulle politiche migratorie. «No alla proposta Amato, sanatoria per tutti, chiudere i cpt», diceva uno degli striscioni in testa al corteo, portato dal movimento di lotta per la casa di Firenze e retto da una fila di immigrati. Saranno anche cose impossibili da mettere in pratica per chi governa. Ma è quello che parecchie persone ritengono sarebbe giusto fare.
I migranti lo spiegano chiaramente: «Sono cinque anni che sono qui, sono praticamente arrivato con la Bossi-Fini - racconta Tahir, bangladesho - non ho mai avuto un permesso di soggiorno. Lavoro, non faccio niente di male, e però non va bene». Discorsi semplici, perché semplice è la questione. «Qui c'è il tredicesimo punto che manca nel dodecalogo di Prodi - osserva Aboubakar Soumahoro della rete antirazzista campana - l'esercito dei 700 mila immigrati clandestini creati dalla Bossi-Fini, che c'erano prima delle elezioni e continuano a esserci adesso, e che nessuno ci spiega cosa dovrebbero fare».
C'è il sole, è una bella giornata, il percorso del corteo lunghissimo. Dai camion pompa la musica, quello del centro sociale bolognese Tpo è pieno di striscioni: «Ho smontato un cpt e lo rifarei», «Governo Prodi, giunta Cofferati, vergogna». Dal microfono è un uomo africano a ricordare che «quando il sindaco era il segretario della Cgil mi diceva che gli immigrati devono avere piena cittadinanza. Oggi dice e fa cose diverse. Allora vogliamo avere il diritto di voto, daccelo che ti mandiamo a casa». Passa lo spezzone di Milano, quello di Torino, i friulani, tantissimi i padovani, parecchia gente è arrivata anche dalla Puglia, dalle Marche, dalla Campania. Da Genova, dove alla partenza è stato fermato un cittadino ecuadoriano senza permesso di soggiorno, sono arrivati con il centro sociale Zapata i ragazzi della «banda» dei Latin King: «Sì però poi basta chiamarci banda, lo dice chi non ci conosce, potrei dire che la polizia che picchia è una banda», chiarisce Alfredo Abar, arrivato in Italia per ricongiungersi con i suoi genitori nove anni fa, quando aveva 14 anni. Giovane e determinato, uguale a tutti gli altri intorno a lui, e come le decine di ragazzi di chiara origine straniera che sono arrivati con i loro compagni delle università, delle occupazioni, delle realtà di lotta per la casa. Cittadini a tutti gli effetti, «seconde generazioni» ma ancora legati al permesso di soggiorno e a una concezione dell'immigrazione ferma a quindici anni fa, quando le rivendicazioni erano legate solo al lavoro. Nel corteo si parla di cittadinanza di residenza, di diritto alla casa, della necessità di fare «un salto di paradigma».
C'è anche Oreste Scalzone, che da quando è tornato dall'«esilio» di Parigi è «il contrario di un rom che si sedentarizza». Va, partecipa. E dice: «bisogna tenere la testa fuori. L'autonomia non è un'utopia, è un punto di vista. Significa sapere, e vedere, che c'è un altro orizzonte». Estrema sintesi di un lungo ragionamento, da Marx a Prudhon, da Spinoza a Colbert.
Il corteo lascia il centro della città alle spalle. Via Mattei è uno stradone, con la campagna intorno. In testa, principalmente padovani e bolognesi, che governano il faccia a faccia con la polizia che sbarra la strada. Tre file di cordoni, tutti i partecipanti invitati a rimanere dietro, prima fila che si barrica dietro ai cartelloni e avanza compatta. Dall'altra parte, scudi in vista, manganelli in mano e caschi in testa. Parte la carica. Qualcuno si fa male sul serio. La polizia ferma cinque persone. Ormai è sera. Dal camion del Tpo si invita alla calma. La trattativa si concentra sul rilascio dei fermati. Alla fine c'è la liberazione, sotto il flash dei fotografi. Qualcuno si arrabbia perché avrebbe voluto «sfondare». Invece si torna indietro al grido «dove non passeremo noi, non passerà più nessuno». E' il via libera per piantare i tre cartelli che bloccano la strada. Poi si torna a casa e ci si guarda in faccia: «E' andata bene, no?», «E io che non ci credevo...»

 

4 marzo 2007 - Il Manifesto

Bologna Migliaia in piazza per la chiusura dei centri. Assenti parlamentari e partiti
Movimento solo contro i cpt
In corteo centri sociali e immigrati arrivati da tutta Italia. C'è anche Oreste Scalzone. Slogan e striscioni contro il governo e contro la proposta Amato di «superamento» dei centri di permanenza temporanea. Carica della polizia davanti a via Mattei: due manifestanti feriti e cinque fermati, poi rilasciati
di Cinzia Gubbini

Bologna - Martelli pneumatici e cemento a presa rapida. Tempo mezzora e sull'asfalto di via Mattei a Bologna vengono piantati tre cartelli. Opera di un gruppo di ragazzi coperti con cappucci e protetti da un cordone di attivisti dei centri sociali. Avvisi all'automobilista che transita sulla provinciale dove sorge il centro di permanenza temporanea per migranti. Il più grande dice: «Attenzione, lager a 200 metri». Azione «disobbediente» che raccoglie applausi, efficace blitz comunicativo al termine di una manifestazione che ha portato migliaia di persone in strada, diecimila secondo gli organizzatori. Poco prima c'era stato il fronteggiamento muscolare con il cordone della polizia che «proteggeva» il cpt dell'ex caserma Chiarini. Qualche manganellata, fumogeni, diversi feriti di cui tre portati via in ambulanza. La questura aveva fatto sapere che non sarebbe stato permesso al corteo di raggiungere il cpt. E così è stato, nonostante un mezzo tentativo di sfondamento. D'altronde a nessuno interessava, per dire la verità, far esplodere il «caso» della manifestazione finita a botte. La cosa fondamentale, per i promotori, era far vedere che i cortei riescono anche al di fuori dei rapporti con i partiti di centrosinistra. Avevano ragione. Era una scommessa, e non facile. Partiti e sindacati non si sono fatti vedere, eccezion fatta per la federazione provinciale dei Verdi di Bologna e lo spezzone pieno di bandiere delle Rdb. Assente anche tutto l'associazionismo «classico». Incompatibilità con una piattaforma dura, che ha tracciato un'analisi spietata della strada imboccata dal governo sulle politiche migratorie. «No alla proposta Amato, sanatoria per tutti, chiudere i cpt», diceva uno degli striscioni in testa al corteo, portato dal movimento di lotta per la casa di Firenze e retto da una fila di immigrati. Saranno anche cose impossibili da mettere in pratica per chi governa. Ma è quello che parecchie persone ritengono sarebbe giusto fare.
I migranti lo spiegano chiaramente: «Sono cinque anni che sono qui, sono praticamente arrivato con la Bossi-Fini - racconta Tahir, bangladesho - non ho mai avuto un permesso di soggiorno. Lavoro, non faccio niente di male, e però non va bene». Discorsi semplici, perché semplice è la questione. «Qui c'è il tredicesimo punto che manca nel dodecalogo di Prodi - osserva Aboubakar Soumahoro della rete antirazzista campana - l'esercito dei 700 mila immigrati clandestini creati dalla Bossi-Fini, che c'erano prima delle elezioni e continuano a esserci adesso, e che nessuno ci spiega cosa dovrebbero fare».
C'è il sole, è una bella giornata, il percorso del corteo lunghissimo. Dai camion pompa la musica, quello del centro sociale bolognese Tpo è pieno di striscioni: «Ho smontato un cpt e lo rifarei», «Governo Prodi, giunta Cofferati, vergogna». Dal microfono è un uomo africano a ricordare che «quando il sindaco era il segretario della Cgil mi diceva che gli immigrati devono avere piena cittadinanza. Oggi dice e fa cose diverse. Allora vogliamo avere il diritto di voto, daccelo che ti mandiamo a casa». Passa lo spezzone di Milano, quello di Torino, i friulani, tantissimi i padovani, parecchia gente è arrivata anche dalla Puglia, dalle Marche, dalla Campania. Da Genova, dove alla partenza è stato fermato un cittadino ecuadoriano senza permesso di soggiorno, sono arrivati con il centro sociale Zapata i ragazzi della «banda» dei Latin King: «Sì però poi basta chiamarci banda, lo dice chi non ci conosce, potrei dire che la polizia che picchia è una banda», chiarisce Alfredo Abar, arrivato in Italia per ricongiungersi con i suoi genitori nove anni fa, quando aveva 14 anni. Giovane e determinato, uguale a tutti gli altri intorno a lui, e come le decine di ragazzi di chiara origine straniera che sono arrivati con i loro compagni delle università, delle occupazioni, delle realtà di lotta per la casa. Cittadini a tutti gli effetti, «seconde generazioni» ma ancora legati al permesso di soggiorno e a una concezione dell'immigrazione ferma a quindici anni fa, quando le rivendicazioni erano legate solo al lavoro. Nel corteo si parla di cittadinanza di residenza, di diritto alla casa, della necessità di fare «un salto di paradigma».
C'è anche Oreste Scalzone, che da quando è tornato dall'«esilio» di Parigi è «il contrario di un rom che si sedentarizza». Va, partecipa. E dice: «bisogna tenere la testa fuori. L'autonomia non è un'utopia, è un punto di vista. Significa sapere, e vedere, che c'è un altro orizzonte». Estrema sintesi di un lungo ragionamento, da Marx a Prudhon, da Spinoza a Colbert.
Il corteo lascia il centro della città alle spalle. Via Mattei è uno stradone, con la campagna intorno. In testa, principalmente padovani e bolognesi, che governano il faccia a faccia con la polizia che sbarra la strada. Tre file di cordoni, tutti i partecipanti invitati a rimanere dietro, prima fila che si barrica dietro ai cartelloni e avanza compatta. Dall'altra parte, scudi in vista, manganelli in mano e caschi in testa. Parte la carica. Qualcuno si fa male sul serio. La polizia ferma cinque persone. Ormai è sera. Dal camion del Tpo si invita alla calma. La trattativa si concentra sul rilascio dei fermati. Alla fine c'è la liberazione, sotto il flash dei fotografi. Qualcuno si arrabbia perché avrebbe voluto «sfondare». Invece si torna indietro al grido «dove non passeremo noi, non passerà più nessuno». E' il via libera per piantare i tre cartelli che bloccano la strada. Poi si torna a casa e ci si guarda in faccia: «E' andata bene, no?», «E io che non ci credevo...»

 

3 marzo 2007 - Adnkronos

IMMIGRATI: BOLOGNA, PARTITO CORTEO NO GLOBAL CONTRO CPT
PER LA QUESTURA SONO 1500, PIU' DEL DOPPIO PER ORGANIZZATORI

Bologna, 3 mar. (Adnkronos) - 'Nessun lager sulle nostre terre'. Questa la frase che campeggia sul grande striscione che apre il corte nazionale dei disobbedienti appena partito da piazza Maggiore a Bologna per chiedere la chiusura immediata dei Cpt. I manifestanti sono 1500 secondo la Questura, oltre il doppio per gli organizzatori. Tra i presenti anche il leader no global Luca Casarini, giunto a Bologna insieme a 500 compagni del Veneto. In piazza Nettuno, al concentramento, anche il consigliere comunale indipendente, eletto a Bologna nelle liste del Prc, Valerio Monteventi, il segretario provinciale dei Verdi, Carlo Bottos e Oreste Scalzone ex membro di Potere operaio. In corte sfilano molti immigrati, tantissimi giovani dei centri sociali e degli spazi autogestiti giunti da Marche, Emilia Romagna, Friuli, Trentino, Napoli, Genova, Roma, Torino, Milano e Firenze. Alla manifestazione, accanto agli striscioni, anche le bandiere delle Rdb e dei Verdi. In testa alla sfilata un camion sound system del teatro polivalente occupato, seguito da un secondo mezzo dal quale viene diffusa la musica e gli slogan dei partecipanti. Sono ben 11 mezzi della polizia, stipati tra piazza Santo Stefano e via Gerusalemme, che blindano dalle 15 di questo pomeriggio casa Prodi, a Bologna, dove e' attualmente il premier per il week and, in occasione del corteo nazionale dei disobbedienti per la chiusura dei Cpt. Decine i poliziotti in tenuta antisommossa che stazionano a pochi metri dal portone di casa del premier Romano Prodi. Almeno una ventina i carabinieri, accanto ad altrettanti uomini della Questura che sbarrano l'ingresso a via Gerusalemme da strada Maggiore. Il corteo che, su richiesta della Questura, e' sfilato in via San Vitale e non in strada Maggiore, come proposto inizialmente dai manifestanti, ha comunque offerto un inaspettato diversivo. Uno dei due camion sound system infatti, non potendo passare sotto l'arco di via San Vitale, ha dovuto staccarsi dal corpo centrale del corteo e sfilare singolarmente, proprio davanti alle divise delle forze dell'ordine che presidiavano i dintorni di casa Prodi. Tranne qualche slogan e la musica ad alto volume, il contrattempo tecnico non ha causato alcun problema.

 

CPT BOLOGNA. PARTITO IL CORTEO: "SIAMO IN TREMILA"
FUMOGENO IN VIA RIZZOLI E STRISCIONE: "NO AI LAGER"

(DIRE) Bologna, 3 mar. - Un solo fumogeno che tinge di rosa via Rizzoli. E poi un enorme striscione: "Nessun lager sulle nostre terre. O li chiudete voi o li chiudiamo noi". La manifestazione di Bologna contro i Cpt parte, come da programma, da piazza Nettuno alle 16, sulle note di "Io vengo dalla luna" di Capareza. Secondo una prima stima degli organizzatori i manifestanti dovrebbero essere circa tremila, provenienti un po' da tutta Italia: Torino, Milano, Modena, Napoli, Padova, Caserta e Roma. C'e' anche la "Comunita' resistente delle Marche". Tra i partecipanti bolognesi, ci sono Crash, Rdb e il Tpo con un inequivocabile: "Ho smontato un Cpt e lo rifarei"

 

27 febbraio 2007 - Il Manifesto

Cpt, Dico e no war Tre sfide di piazza
Il 10 marzo a Roma ci sarò perché è una manifestazione a sostegno del governo e che si rivolge ai tanti parlamentari che riconoscono la necessità di estendere i diritti. Alfonso Pecoraro Scanio I movimenti non temono la crisi di governo. Sabato a Bologna contro i centri per immigrati. Il 10 tocca ai gay, con Pecoraro. Il 17 contro la guerra, pacifisti divisi
di Eleonora Martini

Le faranno comunque, e con più foga di prima. Che sia per incoraggiare i «cuor di leone» del parlamento sulla linea intrapresa dall'esecutivo ex-dimissionario, piuttosto che per ribadire la «piena autonomia dei movimenti dalle beghe di governo» o, ancora, nettamente contro Prodi e i suoi 12 comandamenti. Le tre manifestazioni nazionali previste nell'arco del prossimo mese sono state comunque confermate.
A cominciare da quella del 3 marzo a Bologna che chiede l'immediata chiusura dei Cpt senza paura di confliggere direttamente con i ministri di riferimento, Amato e Ferrero. Decisamente di sapore diverso l'appuntamento del 10 marzo a Roma che intende «sostenere la linea scelta dal consiglio dei ministri e sollecitare il parlamento ad approvare al più presto una buona legge sulle unioni civili». E a confermare la linea tutt'altro che antigovernativa, la presenza, insieme a tanti parlamentari della maggioranza, del ministro dell'ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. «Ci sarò, perché è una manifestazione a sostegno del governo - afferma il ministro - e che si rivolge a quei tanti parlamentari che riconoscono, come ha fatto perfino Gianfranco Rotondi della nuova Dc, la necessità di estendere i diritti. Persino la vecchia Dc permise, stando al governo, che il parlamento votasse la legge sul divorzio».
Fin qui, dunque, defezioni eclatanti - per timore di incrinare il delicato equilibrio (forse) appena riacquistato dalla coalizione di centrosinistra - nessuna. Totalmente diverso invece il discorso sulla manifestazione del 17 marzo a Roma che rende visibile la spaccatura all'interno del movimento pacifista sancita nell'assemblea capitolina di sabato scorso. Alla mobilitazione - organizzata a ridosso del voto sul rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, ma che era stata decisa in concomitanza a decine di altre nel mondo durante l'ultimo Forum sociale mondiale di Nairobi in occasione dell'anniversario dell'attacco all'Iraq - hanno invece aderito solo i Cobas, Cub-Rdb, la Rete del comunisti e il Pcl di Ferrando. E, assicurano, «tanta gente comune, piccoli comitati contro la guerra e pacifisti fuoriusciti dai movimenti tradizionali». Un arco di forze, quello dei promotori, che si è schierato contro il governo dell'Unione se non dal primo minuto, dal secondo. Nessuna contraddizione quindi se oggi considerano il dodecalogo prodiano «una sfida, un tentativo di andare al confronto duro con i movimenti» agito anche dai partiti della sinistra radicale, per dirla con le parole del portavoce dei Cobas, Piero Bernocchi. «E' evidente - continua - che è la sinistra ad essere ostaggio del governo, non il contrario». «Netto e secco anche il dissenso con l'Arci e la Tavola della pace che condividono la linea di D'Alema - si scalda Bernocchi - E non sono nemmeno d'accordo con la Fiom, Attac e Rete Lilliput che non ritengono sia il momento giusto per la riuscita di una grande manifestazione pacifista. Non sarà come Vicenza, ma ci sarà».
Il riassunto per punti delle difficoltà del Prodi 1/bis non è andato giù nemmeno agli organizzatori del corteo bolognese che in esso hanno visto un motivo di più per ricordare che i «Cpt vanno chiusi subito, perché si può». «Non abbiamo alcuna remora nel confliggere, come abbiamo fatto anche nel '98 contro Turco e Napolitano, con Amato e Ferrero, i ministri responsabili di non aver cambiato nulla in questi nove mesi - dice il disobbediente Gianmarco De Pieri, del Tpo di Bologna - Non rimpiangiamo certo l'era maledetta di Berlusconi, ma non abbiamo il problema di sostenere o meno il governo. I movimenti devono agire in autonomia ed è naturale che i ministri siano la loro controparte diretta e immediata». «A Bologna poi c'è stato un inasprimento dei piani di controllo sociale - ricorda De Pieri che raccoglie decine di adesioni anche di personalità del mondo culturale italiano - e le ultime fughe degli immigrati dal Cpt bolognese testimoniano l'invivibilità di quel posto».
Tutt'altra storia quella che proveranno a raccontare il 10 marzo a Roma i tantissimi che hanno già prenotato treni e pullman da nord a sud del paese per chiedere «alle istituzioni italiane di non lasciare che il Vaticano entri a gamba tesa, e mini la loro stessa autonomia. Niente di particolarmente di sinistra - racconta il consigliere Ds dell'Arcigay, Alessandro Zan - è quello che chiedono anche 60 parlamentari della Margherita».
«Una battaglia che non è politica, ma di civiltà: visto che i due milioni di conviventi italiani non sono certo schierati politicamente», commenta la deputata del Prc Vladimir Luxuria. Anche lei ci sarà. Ed è ottimista che «sarà un Dico che non si trasformerà in un dicevo».

 

10 febbraio 2007 - Corriere di Bologna

«Il 3 marzo migliaia in corteo da piazza Maggiore al Cpt»

Bologna - «Saremo migliaia. E attraverseremo la città da piazza Maggiore a via Mattei. Fino al-l'obiettivo della nostra manifestazione: il Cpt». Lo promettono. E assicurano che «questo percorso non è negoziabile». È il percorso del corteo nazionale contro i centri di permanen-za temporanea per immigrati in programma il 3 marzo a Bologna. A renderlo noto, ieri, i promotori: Tpo, Crash, Rdb e altre sigle del-l'antagonismo cittadino. L'evento era stato annunciato da tempo. «Da settimane e non solo a Bologna, si stanno svolgendo assem-blee per organizzarlo — racconta Gianmarco Di Pieri, del Tpo — partiranno pullman e tre-ni occupati da Milano, Torino, dal Veneto, da Trieste, Roma, Bari, Napoli, Palermo e da tutta la Toscana. Dunque, saremo diverse mi-gliaia di persone». Secondo gli organizzatori, che non hanno chiesto nè intendono chiede-re autorizzazioni alla Questura («lo comuni-cheremo e basta», dicono) il concentramen-to sarà alle 14.30 in piazza Maggiore. Da lì, il corteo dovrebbe raggiungere il Cpt passan-do per strada Maggiore e per via Massarenti. Passando, dunque, anche davanti al Sant'Or-sola. Un fatto che preoccupa un po' i respon-sabili dell'ordine pubblico più che altro per il passaggio delle ambulanze. Dunque è presu-mibile che il percorso subirà delle variazioni. Per ora, oltre a decine di centri sociali e alle Rdb (che aderiscono a livello nazionale) alla manifestazione hanno aderito anche intellet-tuali come Simona Vinci, Carlo Lucarelli, Er-ri de Luca e Stefano Benni. Quanto ai partiti, al momento, nessuna adesione. Ieri, in confe-renza stampa, nessun esponente dell'Altrasi-nistra. E Tiziano Loreti, segretario del Prc, ha detto di voler aspettare la decisione della segreteria nazionale, trattandosi appunto di una manifestazione nazionale.(A.Es.)

 

10 febbraio 2007 - Il Resto del Carlino

IL 3 MARZO
Contro i Cpt corteo da piazza Maggiore

Bologna - PARTIRÀ da piazza Maggiore la manifestazione nazionale per la chiusura dei Cpt organizzata il 3 marzo da collettivi, centri sociali e sindacato Rdb. Il corteo — attesi centri sociali dal Trentino alla Sicilia — percorrerà strada Maggiore e via Massarenti per arrivare in via Mattei. Itinerario «non negoziabile», annuncia Gianmarco De Pieri, portavoce del Tpo. Hanno già aderito scrittori come Carlo Lucarelli, Stefano Benni, Simona Vinci, Erri De Luca, il regista Moni Ovadia e il fotografo Tano D’Amico. «Il nostro è un appello a riprenderci le piazze e le strade di questa città per reclamare dal basso la chiusura immediata dei Cpt», spiega De Pieri. Per questo, aggiunge, «comunicheremo alla questura il concentramento alle 14.30 in piazza Maggiore. Comunicheremo, non chiederemo l’autorizzazione».
I manifestanti — migliaia, immagina De Pieri — arriveranno in pullman oppure «occupando i treni». «Vogliamo criticare le politiche sicuritarie del Comune e del governo Prodi — aggiunge Vittorio del Tpo —. Porteremo in corteo anche l’ultimo episodio dei pattuglianti. Ci aspettiamo che queste persone non si facciano più vedere».

 

2 febbraio 2007 - Corriere del Mezzogiorno

Comunità africana nelle case pericolanti abbandonate di Pianura
di Fabrizio Geremicca

NAPOLI — Vengono dal Burkina Faso, dal Congo, dalla Costa d'Avorio e abitano in gruppi di otto dentro stanze prive di finestra, in via dell'Avvenire 31, nel centro storico di Pianura.
Quelle vecchie case coloniche, abbandonate da anni dai proprietari, sono il rifugio di chi non ha trovato di meglio. Migranti, per lo più, ma pure qualche famiglia napoletana. Sono immobili pericolanti, come scritto nell'ordinanza di sgombero emessa dall'assessore alla sicurezza abitativa Giorgio Nugnes.
Cartoni e lamiere al posto dei tetti, mura luride, scale instabili. Insomma, un tugurio. Le coperte a garantire una precaria privacy tra un letto e l'altro.
Prima di Natale gli operai dell' Enel hanno staccato gli allacciamenti abusivi. Niente più acqua calda, frigo, stufa per chi non paga 50 euro a un vicino napoletano che rivende l'elettricità.
Altri personaggi della zona ma gli immigrati smentiscono affitterebbero a 100 euro al mese ogni tugurio, pur non avendone titolo alcuno. Le storie raccontano di un sogno di benessere svanito.
Yahaya Ziganì in Africa era idraulico.
« A Napoli — riferisce — lavoro un paio di giorni a settimana come muratore. Guadagno 400 euro al mese. Non ho perrmesso di soggiorno » . Feliz in Burkina Faso era maestro. Ogni mattina alle sei aspetta nella piazza di Quarto i furgoncini che caricano i muratori ed i manovali per portarli a lavorare a nero nei cantieri della zona.
Alle 8.30, se nessuno lo ha preso a bordo, torna a casa. « Una giornata mi frutta 35 euro racconta ma sono fermo da 3 settimane » . Per la burocrazia, sono stranieri temporaneamente presenti. L'unico diritto che hanno è un minimo di assistenza sanitaria, se si ammalano.
Gli assistenti sociali, da queste parti dicono non sono venuti mai. Si è visto invece, l'assessore comunale alle politiche sociali, Giulio Riccio.
Riferisce: « Conosco bene la situazione di via dell'Avvenire. Una soluzione temporanea potrebbe essere di accogliere quelle persone all'interno di una qualche scuola non più utilizzata » . E' una possibilità, tra le altre. « Qualcosa bisogna fare e pure in fretta » , dicono Aboubakar Soumahoro, del comitato immigrati, e Severino Mastrogiacomo, delle rappresentanze di base. Entrambi lamentano l'inadeguatezza delle politiche abitative e di accoglienza, sia nazionali, sia locali.