Maroni difende il Viminale con i manganelli

Roma -

Centinaia di manifestanti hanno tentato di raggiungere il Ministero degli Interni a Roma per far sentire al ministro in carica il forte dissenso con le sue inaccettabili dichiarazioni su ciò che sta accadendo a Rosarno. Nemmeno una parola sulla caccia all’uomo scatenata nei confronti dei migranti, degli assalti a colpi di fucile, dello sfruttamento di migliaia di stagionali da vent’anni impiegati alla giornata con paghe di fame, costretti a rintanarsi in ricoveri fatiscenti, vessati da un’organizzazione malavitosa che nessun governo si è mai sognato di contrastare.


Maroni preferisce buttarla sull’eccessiva tolleranza nei confronti di chi arriva nel nostro paese per necessità. Come dire che fanno bene coloro che perseguitano gli immigrati - che a causa della loro condizione di irregolari  lavorano accettando spesso salari inadeguati e forme di sfruttamento insostenibili -soprattutto quando si mobilitano per difendere diritti e dignità.


L’ingente schieramento di forze dell’ordine non ha impedito però che la giusta rabbia dei romani e dei migranti confluiti in piazza Esquilino tentasse di arrivare fin sotto il Viminale, dove ben due violente cariche hanno cercato di disperdere i manifestanti. Una volta ricomposto, il corteo ha ripiegato verso piazza Vittorio.
E’ chiaro che il comportamento nella gestione dell’ordine pubblico fa il paio con le affermazioni del ministro Maroni e va inquadrato nella cornice più generale dove è il governo stesso ad alimentare razzismo e negazione del diritto ad un’esistenza degna questo nome. Nello stesso senso vanno interpretate le indicazioni inviate ai presidi dalla Gelmini, unico esempio in tutt’Europa, di limitare ad un tetto del 30%  la presenza di studenti immigrati in ogni classe.


La necessità di porre un argine allo sfruttamento indiscriminato degli immigrati e di rilanciare l’iniziativa contro il pacchetto sicurezza deve mettere in connessione i lavoratori e i precari migranti con le lotte dei cittadini e delle cittadine italiani/e. Il ministro degli interni deve comprendere che il fronte è più largo di quanto crede, come dimostrano le lotte dei lavoratori della FIAT, dell’ISPRA, dell’Alcoa, dell’Eutelia solo per citarne alcune e che la crisi e il disagio sociale non si governano con i manganelli, con le deportazioni o fomentando odio razziale.


Le Rdb ritengono la resistenza messa in campo a Rosarno frutto inevitabile di una condizione di vista bestiale, di un sistema che impedendo ai lavoratori immigrati la possibilità di acquisire regolarizzazione e permessi di soggiorno li getta nelle mani di speculatori malavitosi senza scrupoli.

Sta a noi coniugare questi episodi, con le lotte di tutti coloro che oggi sono impegnati nella difesa dei propri diritti , con le lotte dei precari e di chi un lavoro non ce l’ha ed è costretto ad accettare pesanti condizioni per garantirsi un minimo di salario, condizioni che assumono le forme della schiavitù come a Rosarno e che producono le reazioni che abbiamo visto.